Da Ventimiglia a Realdo
Questa è solo la prima tappa del nostro viaggio alla scoperta del territorio dell’entroterra Ligure.
Vogliamo qui sintetizzare gli argomenti che andremo a sviluppare e le storie che andremo a narrare.
Seguiranno altre sei sezioni, ognuna delle quali esplorerà porzioni del territorio, fino a giungere a Ceparana, all’estremo est della Liguria.
Buon Viaggio
Un territorio incantevole,
forse anche stregato,
una zona franca, di confine:
alte rupi e antichi borghi arroccati,
valli morbide e colline rotonde,
canyon profondi scavati da torrenti irriverenti,
foreste quasi impenetrabili…
e pensi a come è la vita di quella gente,
che suda sulle terrazze di vigne e ulivi,
che lavora su quelle montagne ripide che precipitano in mare,
che, ignaro, riflette il pervinca del cielo
in cui il nostro sguardo si perde…
Il Racconto
La strega
Bacche di belladonna, linfa di cicuta, erbe e rimedi. Bastava questo, perché puntassero il dito contro di noi: erano notti senza luna, notti di silenzio, quelle. Erano tempi oscuri. In quell’autunno del 1587, la carestia c’era, ma l’avevano creata i proprietari terrieri stessi del borgo dove abitavamo, sottraendo enormi quantità di prodotti alimentari.
Altro che demonio!
Eppure diedero la colpa a noi (tutte donne! che combinazione), e ci accusarono in tredici di aver stretto patti col Maligno: Franceschina, Gioanina, Cattarina, Luchina, Gioaninetta e… ma che vi dico a fare i nomi? Tanto non ci conoscete…
Vi dirò solo che intervenne l’Inquisizione con tanto del vicario del Vescovo d’Albenga, e poi furono interrogatori, terrore e paura.
Per noi, le Streghe, la cattura, la prigione, la ruota e il cavalletto per estorcere chissà quali confessioni.
Delle tredici torturate, due si tolsero la vita e le altre fecero il nome di Franchetta Borelli, la strega più potente di Triora.
Già, scusate, è di Triora che parliamo, un posto segnato dal destino già nel nome: le tre bocche – tria ora – di Cerbero, il cane a tre teste, di guardia agli inferi.
La morte di Franchetta, dopo giorni di supplizi atroci e accuse assurde, avvenne in circostanze misteriose.
Non confessò alcuna colpa, ma, provata, in preda al delirio, iniziò a parlare del vento che soffiava fuori dalla finestra e del male che avrebbe fatto alle castagne non ancora mature. In quell’istante, con un colpo repentino, si sarebbe forse gettata da una finestra aperta.
Nemmeno a dirlo, la credenza popolare volle che il diavolo l’avesse portata in volo con sè.
Incantesimi
Si racconta che le streghe di Triora fossero anche piuttosto dispettose.
Una volta, a un bimbo deformato da una spiacevole gobba, capitò di restar fuori dalle mura del paese, chiuse dopo il suono delle campane che annunciavano L’Ave Maria. Fu così che le streghe lo presero. Disperata, la madre pianse tutte le sue lacrime, atterrita dall’idea di non poter più riabbracciare il suo piccolo. Fu dunque insperata la sorpresa di ritrovare all’alba il figlio, che… non aveva nemmeno più la gobba.
Prese dalla compassione, nella notte, le streghe infatti gli avevano praticato un incantesimo.
La notizia rimbalzò e così un’altra madre, con un figlio con lo stesso problema di quello guarito, decise di lasciare il suo ragazzo fuori dalle mura, sperando nella medesima soluzione. Ma le dispettose signore si sentirono usate e, non tollerando di essere prese in giro, le resero sì il figlio ma…
con due gobbe al posto di una.
Aspetto Storico
Il Castello di Dolceacqua
I Conti di Ventimiglia, nell’XI secolo, fecero edificare il castello su uno sperone roccioso a controllo della Val Nervia. I Doria ampliarono la struttura originaria della fortezza con l’aggiunta delle due torri quadrate di facciata, oltre che del bastione orientale. Fu, infatti, proprio Oberto Doria – il vincitore nella battaglia della Meloria, a capo della flotta della Repubblica di Genova – ad acquistare, nel 1270, il castello, che vivrà poi fasi alterne tra fortezza e residenza signorile fino al suo abbandono, nel 1744.
Dopo un paziente restauro, ai visitatori è dato oggi di ammirare le possenti rampe di scale, i frammenti di pavimentazione in pietra de La Turbie e ardesia, gli affreschi e gli stemmi che testimoniano la magnificenza di questa suggestiva dimora. Il paesaggio che la circonda non è da meno: è talmente suggestivo che il grande pittore Claude Monet lo rese immortale, ritraendolo in un celebre quadro, affascinato dalla bellezza di questa parte dell’entroterra ligure.
Il Castello della Lucertola
Apricus significa ‘soleggiato’ e non deve dunque stupire che Apricale, nell’entroterra di Bordighera, sia un borgo sempre baciato dal sole. Simbolo incontrastato di questo paese è l’antica costruzione conosciuta come Castello della Lucertola, che, da uno sperone roccioso, domina l’intera valle del Merdanzio, in provincia di Imperia; il nome deriva dalla conformazione dell’abitato di Apricale, che suggerisce l’immagine appunto di una lucertola.
Molto simile al Castello di Dolceacqua, fu voluto anch’esso dai Conti di Ventimiglia, che lo fecero costruire nel X secolo, per poi passare di proprietà e appartenere alla nobile famiglia Doria. Nel tempo una delle sue due torri quadrate fu trasformata in campanile della vicina chiesa della Purificazione di Maria Vergine. Oggi la fortezza si è trasformata in un palcoscenico ideale ospitando eventi, mostre e rappresentazioni teatrali, oltre al museo della storia di Apricale. Splendido il panorama che si gusta dal giardino pensile, abbellito da opere di scultori francesi.
Rocca di Andagna
A 506 metri s.l.m, su un uno sperone di roccia nuda, si erge uno tra i luoghi più caratteristici della Valle Argentina: la rocca di Andagna, una torre circolare di difesa, con i merli che le fan da corona, costruita con blocchi di arenaria, a cavallo tra il XIX e il XX secolo per volere dell’eclettico genovese Enrico Alberto D’Albertis (instancabile marinaio, esploratore di fama internazionale, filantropo, speleologo, scrittore e fotografo), e dell’ingegner Capponi, appassionato di caccia (nella torre infatti erano installate trappole per volatili di piccola taglia, tordi o fringuelli, per fortuna oggi vietate e costituite da bastoncini cosparsi di vischio). I suoi gradini di pietra – ai lati di quella breve scalinata c’è il vuoto – invitano a entrare, per lasciarsi sorprendere dagli interni che rimandano allo stile gotico. Da non perdere i dettagli floreali degli affreschi nelle tonalità dei blu e degli azzurri sul soffitto, di cui ancora resta traccia. Ovviamente questo posto favoloso non poteva che ispirare storie, anche di streghe, che qui si sarebbero riunite per le loro congreghe (anche Andagna, insomma, e non solo Triora, ha le sue bàzue).
Accoglienza
Le strutture ricettive indicate di seguito, sono quelle che aderiscono alla rete di accoglienza di Ospitalità Alta Via e che hanno fattivamente contribuito alla creazione della guida online Alta Via Info H24 e alla pubblicazione dei suoi continui aggiornamenti.
Sono strutture presenti sul territorio che andiamo a raccontare e che si impegnano quotidianamente a valorizzarlo.
B&B Rifugio Alta Via
Località: Sella di Gouta
Telefono: +39. 0184. 20 67 54
Mail: silvdall1981@libero.it
Rifugio Gola di Gouta
Località: Gola di Gouta
Telefono: +39. 329. 49 39 978
Mail: rifugiogoladigouta@virgilio.it
Agriturismo Il Rifugio
Località: Colle Langan (Pigna)
Telefono: +39. 329. 02 36 494
Mail: ilrifugiocastelvittorio@gmail.com
Web: agriturismoilrifugio.it
Locanda Melosa
Località: Colla Melosa
Telefono: +39. 335. 82 35 678
Mail: info@collemelosa.it
Web: collemelosa.it
Hotel Tipico Terme
Località: Pigna
Telefono: +39. 0184. 24 10 46
Mail: ristoterme@gmail.com
Web: ristoranteterme.com
Casa Vacanze Primula
Località: Realdo
Telefono: +39. 333. 820 28 19
Mail: albertisilvana52@libero.it
Il Paesaggio
Triora
Ogni pietra di questo borgo antico nella Valle Argentina, racconta antiche leggende e sprigiona energie arcane. Qui, a 800 metri sul livello del mare, nel silenzio dei boschi, c’è chi giura di percepire ancora l’eco dei riti celebrati dai Druidi. Altri, come l’artista Diana Fontana, invece sostengono che: “Di madre in figlia si tramandavano usanze che avevano la loro antichissima origine nel fanum pagano che sorgeva dove oggi è la collegiata: un concentrato di oracoli, guaritori, esorcisti, maghi, druidi e streghe di spaventosa potenza”.
Triora, persino appellata come incubatrice di Satana, è nota proprio per questo alone di magia: tutto è inconsueto, qui, persino il camposanto che domina il monte con la sua posizione panoramica. Tutto è mistero, già nell’origine del nome: deriva dalle tre bocche (in latino tria ora) del Cerbero che campeggia nello stemma cittadino? Oppure dai tre fiumi del territorio? Oppure, ancora, dai tre prodotti base dell’economia del borgo: grano, castagna e vite?
Triora, nell’immaginario comune, comunque ‘è’ il borgo delle strie e delle basue, delle streghe e delle magie. Dolorosamente note sono le vicende subite da alcune delle sue donne, che nel 1588, furono le vittime di uno dei più sanguinari processi per stregoneria celebrati in terra ligure, documentati negli atti custoditi nel piccolo Museo Etnografico che si incontra all’entrata nel paesino. Far risuonare i propri passi lungo i carruggi, sotto volte e archi scavati nella roccia, negli antri scuri di case diroccate, consente l’esperienza intensa di fare un viaggio nel tempo. I segni del passato sono ovunque e lasciano sorpresa negli occhi di chi sa cosa guardare: i portali d’ardesia, in particolare, autentici capolavori, nelle cui architravi a volte abrase, i bassorilievi e le sculture raccontano la storia.
Pigna
Una graziosissima cittadina costruita sopra un pan di zucchero. Così Charles de Brosses, scrittore francese del Settecento, definisce Pigna, il borgo medievale abbarbicato alla collina in anelli concentrici a immagine appunto delle squame dell’infiorescenza lignificata a forma di cono in cui sono contenuti i pinoli. Archi e passaggi coperti, cortili, fontane e scalinate: è tutto un susseguirsi di architetture ardite, dall’anno Mille poi continuamente ampliate, per difender gli abitanti dalle aggressioni dei pirati. Da Pigna il mare, infatti, dista solo 17 km. e il confine con la Francia e il Piemonte è poco lontano. Risalendo la provinciale si arriva, invece, alla stazione termale più famosa della Liguria.
Pigna, dunque, è deliziosa da visitare; non mancano le salite e le scale che guidano all’apice del borgo, ma dalla Loggia della Piazza Vecchia, il panorama sulla vallata verdissima è un regalo. Si intuisce perché il legame sia forte con la coltivazione delle olive e con la pastorizia, di cui la cucina tradizionale conserva traccia. La Toma, ricavata dal latte delle pecore di razza brigasca, si è affermata come Presidio Slow Food, come pure il fagiolo bianco di Pigna.
Dolceacqua
La provincia è quella di Imperia, le colline sono quelle dell’entroterra tra Ventimiglia e Bordighera, Dôsaiga è il nome ligure del celeberrimo borgo dipinto in ben quattro tele da Monet, con il suo scenografico ponte romano a schiena d’asino. Questo tipico agglomerato medievale della Val Nervia, lungo l’omonimo torrente, se ne sta accoccolato ai piedi del Monte Rebuffao, dominato dall’imponente Castello dei Doria. Tutto concorre a lasciare un segno, magico a volte, come quella luce che filtra con difficoltà nel dedalo dei caruggi in salita e delle scalinate sotto gli archi che uniscono palazzi e case, creando un’atmosfera irreale.
Questa è la terra del magnifico Rossese, il blasonato rosso già eletto vino festivo della flotta di Andrea Doria: il suo color rubino tendente al granato e il suo odore vinoso intenso ma delicato, persistente con sentori di rosa, di viola e di ribes, giustificano da soli la denominazione d’origine controllata. Anche l’olio extravergine di oliva Riviera Ligure Dop e le olive taggiasche qui la fan da padroni. Ma a Dolceacqua le specialità sono davvero tante: la Michetta, per esempio, piccolo dolce di pasta brioches a forma ovale, di cui il 16 agosto ricorre addirittura una festa, e poi anche i barbagiuai, fagottini fritti di pasta di ravioli con purea di zucca bollita con aggiunta del formaggio piccante bruss.
Realdo
Reaudu in ligure, per molto chiamato Cà da Roca (Casa della roccia), Realdo è una borgata collocata su una falesia che ne accentua il fascino per chi vi arriva dal fondo valle. A 1007 metri di altitudine sul livello del mare, si trova nella parte alta della Valle Argentina, che poi si prolunga fino al monte Saccarello: nasce in periodo tardo rinascimentale per iniziativa di pastori brigaschi alla ricerca di nuovi pascoli. Quei crinali montani che erano vie di comunicazione sono oggi vie di arroccamento alle traversate che scorrono da Collardente a Sanson, tratti dell’Alta Via dei Monti Liguri noti ai trekkers.
Realdo si presenta come un agglomerato di case legate fra loro, diviso in tre zone: Ër Carùgë, la parte alta che scende fino alla via principale (qui un tempo la gente si riuniva in assemblee, convocate con il suono di un corno ancora oggi conservato); Ër Carùg dë még, la parte mediana e, più in basso, una terza parte che arriva fin sulla roccia, dove scorre la strada inferiore: Ër Carùgë Sutàn. Curioso anche l’appellativo di Via Rogli, strada che snoda sulla roccia verso ponente, che in dialetto è Ër Carùgë di Ebréu, per via ancora di un vecchio palazzo, abitato da commercianti di lana ebrei, quando la pastorizia viveva un momento redditizio.
L’Artigianato
Il Pane di Triora
Per tentare di smorzare il ricordo di un passato che aleggia cupo, Triora regala anche gioie per il palato. Profuma di storie antiche ma anche di pane buono questo borgo della Valle Argentina. Il pane di Triora, scuro e casareccio, di forma tonda e dalla crosta croccante, fa parte dell’associazione dei 37 Pani d’Italia. Chi lo assaggia combinato con il bruss, antico formaggio d’alpeggio, che poi sarebbe una ricotta fermentata con erbe e spezie dal sapore leggermente piccante, non lo dimenticherà.
È nato nel borgo delle streghe Angiolino Asplanato, ma la sua magia, dal lontano 1952, quando aprì il suo primo forno, è quella della panificazione: oggi Triora, grazie a questa sua arte, che è tramandata dai suoi discendenti, Ornella e Mattia, fa parte dell’Associazione Città del Pane. Questo pane preparato con farina tipo 1 si distingue per la sua una crosta molto più dura di tutti gli altri pani, mantenendo l’interno morbido e compatto, proprio per un accorgimento speciale: per circa un’ora, cuoce su delle tavole di legno cosparse di crusca; se questa idea iniziale era derivata dal non farlo attaccare, si trasformò poi in una vera e propria questa tecnica per cui il pane diventava anche più buono. È questa la sua magia: non certo quella che alcuni hanno ipotizzato esser legata a foglie di castagno o a farine di segale allucinogene…
Il forno comune di Realdo
Il pane è certo uno degli alimenti più simbolici a livello culturale. Andando al di là del fatto che si ottiene mescolando acqua, lievito e farina, porta con sé memorie e tradizioni tanto che lo si può considerare tanto cibo quanto segno. E il forno dove lo si cuoce? Non può che essere la metafora della relazione della comunità e a Realdo, quando le donne arrivavano dai carugi del borgo con gli impasti da cuocere, l’antico forno pubblico diventava appunto centro di aggregazione e di condivisione. Funziona ancora, pur presentandosi come un ambiente modesto affacciato sulla strada, con una porta in legno e le pareti in pietra. La panca, anch’essa in pietra, sulla sinistra fa pensare a quante chiacchiere, pettegolezzi e notizie là si siano scambiati: infatti, il pane è l’elemento per eccellenza di condivisione, solidarietà e compagnia (che infatti deriva proprio dal latino cum panis).
Le cave di ardesia
L’alta valle Argentina non è solo una meta che offre panorami, borghi e fortezze: da Realdo, infatti, si possono raggiungere anche le cave di ardesia che hanno fornito materiale di grande qualità per l’edilizia nei secoli. Potremmo dire: ‘c’erano una volta le cave di ardesia…’ visto che purtroppo, da vari decenni, ormai l’estrazione non è più competitiva e il settore è in crisi che pare irreversibile, non per la caduta della domanda, ma per via dell’impietosa globalizzazione dei mercati. Cina e Brasile estraggono ed esportano in tutto il mondo, ma le loro ardesie non sono paragonabili alla straordinaria bellezza dell’oro nero ligure, con quelle sue venature ineguagliabili e riflessi stupefacenti.
L’ardesia è una roccia sedimentaria, scisto argillosa, la cui formazione risale fra i 70 e gli 80 milioni di anni fa. Da sempre ha coperto e dato corpo a tetti, balconi, portali, scale, pavimenti, caminetti, tavoli e altri oggetti di arredo, pensiamo alle lavagne di scuola o ai biliardi da gioco. Molti gli artisti che ne fanno materia per le loro sculture.
Partendo dal Rifugio Realdo si raggiunge la frazione di Borniga e proprio da qui ci si può inoltrare nel bosco per raggiungere le prime cave abbandonate, che però, purtroppo sono visibili ormai unicamente dall’esterno, per ragioni di sicurezza.
Il Territorio
Diga di Tenarda
In val Nervia, sulle Alpi Liguri a 1.330 m d’altezza, in provincia di Imperia, non lontano dallo spartiacque con la val Roia che lo divide dal comune francese di Saorge, c’è un bacino circondato dal bosco: il lago di Tenarda. Può contenere 2 milioni di metri cubi d’acqua: nel 1963 lo si creò appositamente a garanzia di un costante approvvigionamento idrico per uso potabile e per l’irrigazione. Si tratta insomma di una diga artificiale, quasi interamente compresa nel comune di Triora e solo una piccola parte in quello di Pigna, in cui confluiscono le acque sotterranee del fiume Argentina e quelle delle sorgenti della Valle Oxentina. Indisturbati vi nuotano i cavedani e molti animali del bosco vengono qui ad abbeverarsi. Dal 2007 il lago è entrato a far parte del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri.
Gola di Gouta
C’è una foresta straordinaria in Liguria, a poche manciate di chilometri dal mare, in provincia di Imperia. È formata da abeti bianchi e faggi, aceri di monte e pini silvestri, e si apre in praterie di orchidee, campanule e gigli a fiocco. Tra i suoi rami nidificano il gufo reale e il picchio nero, tra i suoi tronchi si aggira anche il rarissimo gatto selvatico. È la foresta di Gouta.
Prima del paese di Pigna, se sulla sinistra si imbocca la Provinciale 69, ci si trovano davanti 14 Km di tornanti che portano alla Sella di Gouta, il passo che ha il suo punto più alto a 1212 m, con una pendenza media del 6.9%
Rocchetta Nervina
Rocchetta Nervina porge al visitatore il suo Benvenuto. Ed è proprio un piccolo borgo incantato questo, incastonato nel verde dei boschi tra torrenti irrequieti, che offrono panorami naturalistici di notevole impatto, quasi non attesi in un territorio così vicino al mare. Rocchetta Nervina, infatti, è famosa in tutta Europa proprio per una serie di conche straordinarie verdi come la menta, conosciute come ‘laghetti’, meta estiva gettonatissima dagli amanti della natura. Nei canyon scavati dalle acque nei secoli, migliaia di sportivi trovano pane per i loro denti: ora si ritrovano all’interno di gole incredibili, ora risalgono le acque limpide e cristalline del torrente Barbaira, che rispecchiano il blu del cielo e il verde brillante della vegetazione circostante, e, per tutto il tempo non possono che stupirsi e lasciarsi catturare dall’atmosfera suggestiva quanto selvaggia del luogo.
Il Brigasco
A Realdo, Verdeggia (frazioni di Triora, in provincia di Imperia), nel comune di Briga Alta e nella frazione Viozene del comune di Ormea (in provincia di Cuneo), si parla ancora il BRIGASCO, una varietà dialettale occitana, di tipo provenzale alpino. Non solo, questa è la lingua dei pastori, ma è anche quella di una minoranza storica da tutelare.
Negli anni la parlata ligure ha influito sul brigasco, modificandone, in alcuni pochi casi, gli esiti originali.